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L'Italia quarant’anni fa ha iniziato nella salute mentale una rivoluzione appassionata e controversa, che ha avuto in Franco Basaglia e nella Legge 180 le sue icone più note. Oggi ci troviamo di fronte ad un paese a pelle di leopardo, che mescola esperienze di grande innovatività a situazioni dove le persone che vivono la malattia e i loro familiari faticano ancora molto a trovare risposte adeguate.

In questo panorama le esperienze maturate nella mia città, negli ultimi dieci anni, sono sicuramente interessanti e innovative; la più significativa va sotto il nome di 'fareassieme' e l’esempio più significativo di questo mondo è quello degli U.F.E. gli Utenti Familiari Esperti. Gli U.F.E. sono utenti e familiari che dalla malattia hanno tratto consapevolezza del loro sapere esperienziale e capacità di trasmetterlo, spendendolo a fianco degli operatori ed aggiungendo valore alle attività svolte. Sono nati a Trento all’inizio del secolo; attualmente sono più di quaranta a ‘lavorare’ nel Servizio di salute mentale di Trento e sono riconosciuti sia sotto il profilo amministrativo che economico. Si stanno diffondendo in altri Servizi italiani e in alcune realtà estere (Pechino, Berlino, Svezia).

Quando ho pensato a questo progetto l’obiettivo che mi sono posto è stato di far sorgere delle domande, piuttosto che offrire delle risposte. La volontà è stata quella di entrare nello spazio dell’individuo, rispettandone l’unicità e l’umana personalità, non guardando dall’esterno, ma attraverso il rapporto diretto. Di qui la scelta di usare esclusivamente un’ottica di tipo macro, per alimentare questo fare autoriale.

Devo confessare che in me sono sorte molte domande, grazie soprattutto a come le persone si sono messe in gioco; in modo libero, trasparente, comunque sempre chiaro e diretto, attraverso il quale, senza nessuna retorica, mi hanno ricordato quanto importante sia il valore dell’essere umano, nell’individualità e specificità, senza pudore di apparire, ma semplicemente nell’“essere”.